Recensione
"La notte scese improvvisa intanto che i miei occhi frugavano oltre il finestrino. Dentro lo scompartimento, vicino a me, due uomini di mezza età vestiti con poca raffinatezza sorseggiavano birra bavarese, ridacchiando. Doveva essere mezzanotte. Il freddo si fece pungente, tanto che di lì a poco tutti ci tirammo su i baveri dei giubbotti, stringendoci nei sedili in tessuto. I due uomini si sarebbero addormentati presto. Non avevo sonno. Stanchezza, sì; forse anche noia, di certo smania d’arrivare. Il treno sarebbe giunto a Milano alle prime luci dell’alba e, da lì, avrei proseguito per la Sicilia, dove la mia famiglia, i colori ed i sapori della mia amata terra avrebbero sostituito le grigie e desolate giornate del Nord. Eppure qualcosa di quel breve periodo, qualcosa di profondo, me lo stavo portando dietro. Il paesaggio scorreva sotto i miei occhi, intanto che la mia mente restava ferma al giorno appena trascorso, a quel mattino di fine settembre quando, intento a preparare la valigia, una persona fece irruzione nella mia vita. Fu il tintinnare della mia collana d’oro a riportarmi ad una fumante tazza di caffè nero e lungo, nella quale la mia mano, stancamente, girava un cucchiaino per sciogliere lo zucchero appena versato; giravo e rigiravo come assente, mentre il cucchiaino sbatteva sulla porcellana della tazza tintinnando. La stanza era deserta, l’orologio segnava le sette e trenta. Bussarono. In punta di piedi mi avventai alla porta per evitare che altri rumori svegliassero i miei zii. Incurante del pigiama sbracato, aprii. Vidi davanti a me un uomo alto e magro, dagli occhi azzurri come il cielo ed i capelli castano chiaro. Indossava una felpa ed un paio di jeans blu, il viso scarno nascondeva bene la barba di qualche giorno. Era Antonio, un cugino di mio zio che abitava in una tranquilla cittadina della bassa Baviera, al confine con la Svizzera, Bad Saeckingen. Questo cugino aveva seguito le orme di tutta la famiglia e così, agli inizi degli anni Sessanta con i suoi cari aveva abbandonato la Sicilia per cercare, e sia pure a caro prezzo, un futuro migliore." ...
[Incipit, cap. I ]
Leggendo questo bellissimo libro si sente l’odore del caffè siciliano e il gusto della birra bavarese, il rumore assordante dei motori in fabbrica e il chiacchiericcio pettegolo, la dimensione comunitaria mediterranea e l’individualismo mitteleuropeo, la malinconica tristezza di una corriera e la potenza finanziaria di una multinazionale, l’omosessualità discriminata e derisa e l’omosessualità accettata e rispettata, la preghiera nel ricordo di un familiare tragicamente e prematuramente morto e il valore simbolico e consolatorio di un cofanetto… Mobilità come specchio di umanità e, così, al termine della lettura, resta forte la convinzione che siamo tutti Antonio, che siamo tutti migranti. [Dalla prefazione di Leoluca Orlando]
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