Cittadini di Sicilia |
Genere:
Arianna Scuola
Autore:
Massimo Costa
Editore: Edizioni Arianna
Pagine: 144
Prezzo: 15,00
ISBN: 9788898351398
Luogo di pubblicazione: Geraci Siculo
Anno publicazione: 2014
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Recensione
CITTADINI DI SICILIA fa parte di un progetto editoriale di Edizioni Arianna specificamente pensato per la scuola siciliana e la formazione permanente, volto a realizzare le finalità della legge regionale n. 9 del 2011, come sussidio per lo studio dello Statuto della Regione Autonoma, momento ineludibile dell'insegnamento di Cittadinanza e Costituzione introdotto dalla legge 30.10.2008, n. 169. Il testo, suddiviso in dieci parti o capitoli, e seguito da tre appendici, presenta e analizza l'Autonomia siciliana, nei suoi vari aspetti: legislativo, esecutivo, giudiziario, economico e finanziario, dal punto di vista storico, giuridico, istituzionale, amministrativo.
Presentazione (ad uso dei docenti) La Legge Regionale n. 9 del 2011 ha introdotto in Sicilia, almeno sulla carta, l’insegnamento di alcuni contenuti relativi all’identità culturale regionale: soprattutto la Storia e il Patrimonio linguistico, ma anche, quasi tra le righe, la conoscenza dello Statuto speciale di Autonomia. Ulteriori interventi finanziari da parte della Regione, pur in tempi difficili, consentirebbero ora di rendere meno teorica questa previsione di legge. Sui principali contenuti di questa legge non tratteremo in questo testo se non per alcune considerazioni molto generali. Sul cosiddetto “patrimonio linguistico” non si può fare a meno di registrare come il termine usato sia una sorta di compromesso frutto di un pregiudizio, forte quanto errato, rispetto alla considerazione del Siciliano per ciò che certamente è da un punto di vista linguistico, e cioè una vera e propria Lingua, oltre che un insieme di “parlate” o “dialetti” popolari. Tale pregiudizio tende a confondere la “cultura popolare”, oggetto anche di valenti e interessanti studi accademici dialettologici, con fenomeni linguistici e letterari piú “alti” e certo non meno degni di essere trasmessi nelle Scuole Siciliane. Il Siciliano, infatti, ha certamente una struttura originaria del tutto autonoma da quella della lingua italiana, salva ovviamente la notevole “contaminazione” contemporanea dovuta al suo mancato riconoscimento “politico” (il “dialetto”, come dice Chomsky, non è che una “Lingua senza passaporto e senza esercito”), che non può essere padroneggiata soltanto attraverso lo studio delle parlate locali, il cui substrato comune è peraltro del tutto evidente. Tale autonomia è generale: tanto nel suo unico patrimonio lessicale (oggi quanto mai in pericolo), quanto nelle strutture morfologico-sintattiche e persino negli stili pragmatici di comunicazione scritta e orale, questi piú “robusti” del lessico, in quanto poi ricalcati, anche grossolanamente, nelle espressioni in lingua italiana. Ma poi, anche e soprattutto dal punto di vista letterario, la Sicilia può vantare una propria letteratura in Siciliano che non esiteremmo a definire “nazionale” o “quasi nazionale”; letteratura che poco ha da invidiare a quella di tanti altri paesi europei, e nei confronti della quale vige ancora un inspiegabile ostracismo nelle nostre scuole (paradossale il fatto che possa essere studiato il Pirandello in Italiano, ma non quello in Siciliano, ad esempio). La cultura popolare, per contro, non si esaurisce certo nello studio dei “dialetti”, ma dovrebbe necessariamente passare per “l’Italiano di Sicilia”, forse oggi ancora piú importante dei precedenti, e comunque dovrebbe comprendere, nelle relative “isole linguistiche” anche i “dialetti alloglotti”, come quelli gallo-siculi o il pantesco, senza parlare della vera e propria minoranza linguistica siculo-albanese che avrebbe bisogno di ben altre tutele e politiche culturali. Insomma un programma forse troppo ambizioso per una scuola piuttosto povera e non certo ancora consapevole dell’importanza della trasmissione del proprio patrimonio culturale qual è quella siciliana, ma che può trovare un “punto di sintesi”, anche molto economico in termini di tempo, proprio nella “Lingua e letteratura siciliana”, come fenomeno comune e unificante rispetto a manifestazioni di cultura popolare troppo variegati e magari degni di percorsi monografici di approfondimento e sperimentazione. Sulla Storia di Sicilia non meno importante appare il recupero della coscienza, anzi – vorremmo dire – dell’autocoscienza di Popolo, che questa può dare. Qui il compito appare relativamente piú facile, anche perché si tratta di un campo relativamente vergine. I nostri studenti sanno pochissimo della storia e della civilità Siceliota dell’Antichità, anche quando sanno tutto delle antiche civiltà e anche quando studiano la stessa Grecia antica, sebbene il contributo che la Sicilia ha dato alla civiltà mondiale in questa fase sia stato semplicemente incalcolabile. E cosí pure la Storia di Sicilia del Regno medioevale, cosí nobile e degna di essere ricordata, è letteralmente offuscata dal privilegio accordato alle Repubbliche Marinare o ai Comuni, al di là di ogni ragionevolezza. Ma questo forse dovrebbe riguardare tutti gli studenti italiani. Peculiare alla Sicilia è invece la perdita di memoria storica delle vicende particolari di Sicilia, siano esse politiche, economiche o culturali, con la conseguente perdita di memoria collettiva, di senso anche delle cose attuali, e di meccanismi importantissimi di carattere identitario. La Sicilia ha sempre tenuto la propria storia come un patrimonio comune che si è arricchito con un tassello ogni giorno; oggi quel filo che ci lega ai nostri avi rischia di spezzarsi e se si spezza esso si sarà spezzato per sempre. Dal Viceregno alla conquista dello Statuto, alla inevitabile proiezione sul nostro futuro di Comunità e di Cittadini, tutto è importante ed appare quasi colpevole l’avere voluto occultare tutto ciò dietro la facile (e deprimente) mitologia delle “dominazioni” che si sarebbero succedute senza soluzione, con la Sicilia “teatro” di una grande storia scritta però sempre da altri popoli sino ad una presunta “redenzione” data dall’incontro con la Nazione Italiana. Questa visione antistorica non ha creato buoni “italiani di Sicilia” distruggendo per altro verso i “siciliani”. Il siciliano medio è uscito dalla storiografia imposta dalla scuola italiana tradizionale come cittadino alienato e complessato, in altre parole un “non cittadino”, e quindi fatalmente un “suddito”. Se questo compito non spetta però a questo testo di Educazione alla Cittadinanza, esso però dovrà necessariamente dedicare alla storia una lunga ansa preliminare, senza la quale lo stesso studio dello Statuto non avrebbe senso. Non sarà un compendio di storia generale di Sicilia, ma solo una “storia delle istituzioni politiche”, che porti lo studente a comprendere che lo Statuto non è un incidente della storia, o un inspiegabile privilegio, ma la naturale conseguenza di secoli di aspirazione dei Siciliani all’autogoverno e che quindi esso è tappa di una grande storia di libertà. Si è voluto dare, comunque, in Appendice, una cronologia istituzionale in cui i principali “fatti” della storia di Sicilia possono essere collocati; stimolo per ulteriori ricerche che la classe potrà sperimentare e che potranno certamente attivare la curiosità intellettuale degli studenti. Rispetto agli obiettivi ambiziosi della L.R. n.9/11 la conoscenza dello Statuto potrebbe sembrare solo uno “strapuntino” finale, non degno di particolare attenzione. Ma in realtà la conoscenza dello Statuto, e quindi dei diritti collettivi dei Siciliani, appare la vera chiave di volta che dà un senso a tutto l’insegnamento e che proietta in termini propositivi quella che di per sé potrebbe sembrare solo una forma di “rispetto del passato”, di pura trasmissione di una tradizione, storica, linguistica o letteraria che sia, che consegna allo stesso passato i Siciliani tutti, mentre il futuro spetterebbe ad “altri”, non meglio specificati, che magari vengono da “là fuori”, dove qualcuno ci scrive il copione che poi reciteremo. E invece lo Statuto viene a dirci, e a dire ai nostri studenti, Siciliani di domani, che quel passato è quanto mai vivo, è dentro di noi, siamo noi, e che, Statuto alla mano, abbiamo ancora tanta strada da fare e altre pagine di storia da scrivere, questa volta da protagonisti partecipi e non da sudditi subalterni, complessati e depressi, quali purtroppo il modello culturale tradizionale ci ha sin troppo abituato ad essere e sentirci. A nostro avviso, tuttavia, il valore didattico ed etico di un’educazione alla conoscenza della nostra “Costituzione regionale” va ben al di là del semplice adempimento di legge. Esso assume, infatti, un valore rivoluzionario nel modo di concepire il rapporto tra il cittadino siciliano e la cosa pubblica che, se portato avanti con serietà, sistematicità, su larga scala, per molti anni, potrebbe forse spezzare la condizione di “educazione alla sudditanza” che ha prevalso fino ad oggi rispetto all’auspicata ed opposta “educazione alla cittadinanza”. Da qui la sua importanza sostanziale piuttosto che formale, da qui l’origine di un riscatto che vada molto oltre gli obiettivi didattici posti da questa o quella edizione di “programmi scolastici” o “linee guida”. Lo Statuto della Regione Siciliana, infatti, non è una carta burocratica a sé, quasi una particolarità qualunque che contraddistingue, o addirittura “affligge”, la Sicilia. Essa è Costituzione, non meno del testo principale; lo è a tutti gli effetti, e non si esagera se si dice che un minimo di conoscenze relative alle “Costituzioni speciali” delle regioni autonome italiane dovrebbe addirittura essere distribuito in tutte le scuole italiane, affinché ne nasca il rispetto e cessi il disprezzo generalizzato e rozzo che le maggioranze si portano istintivamente dietro nei confronti di qualunque minoranza. Quanto piú spetta dunque a noi, che Siciliani lo siamo, conoscere la nostra stessa Costituzione! I nostri avi del 1812 prevedevano che una volta l’anno sindaci e parroci leggessero la Costituzione siciliana al Popolo; pensavano che questa dovesse essere insegnata a tutti, che a tutti dovesse essere garantita l’istruzione elementare e quindi, con essa, il diritto di voto consapevole. Noi dobbiamo mantenere o ricreare questo anelito ad essere comunità, ad esser popolo, che solo la conoscenza può dare. Lo Statuto rappresenta il terminale storico delle tante costituzioni che il Regno di Sicilia sovrano ebbe nella sua storia, da quella informale con cui nacque lo stesso Regno per acclamazione parlamentare (1130), a quella costituzionale del Vespro (1296), a quella liberale del 1812, a quella democratica del 1848, al progetto di statuto autonomo del Consiglio Straordinario di Stato del 1860. Lo Statuto è cosí anche una vera e propria “Costituzione Regionale”, una “legge fondamentale” a tutti gli effetti, seppure subordinata a quella maggiore dello Stato italiano ed in quel contesto istituzionale armonicamente inserita. Lo Statuto è infine anche una sorta di “Trattato di pace”, una convenzione, un patto tra Sicilia e Italia, redatto con la volontà dei rappresentanti di entrambi i Popoli e non modificabile parimenti senza la medesima volontà. Questo il suo altissimo valore formale e sostanziale. Ma nessun valore sarà difendibile se non saranno conosciuti i fondamentali dei contenuti dello Statuto-Costituzione-Trattato stesso. Da qui l’esigenza indifferibile di proporlo nelle scuole. Il testo che segue non è indirizzato ad una classe in particolare, tanto il terreno dell’educazione allo Statuto è ad oggi vergine. Può essere pensato, come studio completo, per una classe di penultimo o ultimo anno di scuola secondaria di II grado, presupponendo un percorso pregresso di conoscenza della Costituzione della Repubblica italiana. Può essere valorizzato in particolar modo, dove presenti, dai docenti di Discipline Giuridiche ed Economiche, come ad esempio negli Istituti Tecnici e in alcuni indirizzi liceali, dappertutto altrove, dai docenti di Storia. Ma, a diversi gradi di approfondimento, può essere affrontato anche nei precedenti anni della Scuola Secondaria di II grado, in funzione del tipo di classe e con un taglio appropriato. Per il linguaggio semplice adottato il testo potrebbe anche essere utilizzato, al limite, in una buona ultima classe Secondaria di I grado, ovviamente con un’attenta guida e selezione da parte del docente e, in questo caso, magari omettendo la parte economico-finanziaria che potrebbe comportare qualche problema di comprensione ulteriore. Il testo è suddiviso in dieci parti o capitoli, e seguito da tre appendici: la prima sullo status militare della Sicilia, almeno dal punto di vista teorico, successivo alla II Guerra mondiale, la seconda con una cronologia politica della Storia di Sicilia suscettibile di approfondimenti, sorta di “scheletro” di un percorso storico guidato e parallelo rispetto allo studio dello Statuto; la terza, infine, data dal testo giuridico vero e proprio (lo Statuto in sé), che può essere o omesso ovvero utilizzato di volta in volta come riferimento man mano che il suo contenuto è presentato nel testo. Il primo capitolo è dedicato alla presentazione dell’Autonomia in generale, e di quella siciliana in particolare, con riferimento all’ordinamento costituzionale repubblicano. Esso è dunque una vera e propria “Introduzione” allo Statuto. Il secondo dà le premesse storiche che giustificarono l’adozione dello Statuto, con una carrellata sulle vicende istituzionali siciliani che va dagli albori all’attualità. Il terzo presenta a grandi linee lo Statuto e soprattutto gli organi costituzionali che da questo discendono (Assemblea, Giunta di Governo). I successivi tre sono dedicati ai tre poteri dello Stato (in questo caso declinati nella Regione e nell’Autonomia): rispettivamente il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario. Il settimo è dedicato espressamente all’autonomia finanziaria ed economica della Sicilia, senza enfasi la piú critica ed importante di tutte. L’ottavo agli aspetti “secondari” della Carta statutaria, condensati in un’unica trattazione. Il nono tanto alle modifiche dello Statuto quanto alle problematiche della sua attuazione: una sorta di appendice sulle disposizioni transitorie e finali, ma anche un momento di riflessione sui problemi che da sempre ha incontrato l’attuazione dello Statuto stesso. L’ultimo, infine, dà il combinato disposto dell’ordinamento costituzionale autonomo siciliano con quello europeo, ciò che finora – a tema di smentita – non è stato mai fatto. Il testo, volutamente scritto con stile e lessico adatto a non specialisti, è inframmezzato da immagini, molte delle quali hanno un valore didattico non inferiore al testo stesso. La natura, l’arte siciliana, che meriterebbero in sé approfondimenti monografici, sono combinati con l’iconografia isolana, ma la parte forse piú interessante è la cartografia storico-politica e gli schemi costituzionali delle Costituzioni di Sicilia, quasi da vero e proprio atlante storico, assolutamente inediti. In ultimo è presentato anche lo schema complessivo dello Statuto vigente. Da solo forse di difficile lettura; ma in ultimo efficace sintesi che si potrebbe utilizzare sempre, magari traducendolo in presentazione elettronica, per spiegare di volta in volta i singoli elementi istituzionali presentati agli studenti. In questo schema grafico, in quello delle competenze legislative, e in quello dei movimenti finanziari, si può affermare che è compendiato tutto il contenuto dell’Autonomia siciliana di rilievo. Ciò detto, si devono ringraziare tutti gli amici e cittadini siciliani, che, seguendomi in tanti anni di attività divulgativa e investigativa, con il loro amore per la nostra Terra, hanno reso possibile questo sforzo, e in particolare l’Associazione “Noi Siciliani Liberi” e la casa editrice che hanno creduto in questo lavoro e lo hanno reso possibile. Un ringraziamento diverso e particolare ai miei familiari, e in particolari ai miei figli, ai quali ho rubato un po’ del mio tempo libero per scrivere questo libro. Ma in fondo è proprio a loro, e ai cittadini siciliani di domani, che questo libro stesso viene destinato e dedicato. Palermo, 31 agosto 2013. L’Autore
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Data inserimento: Venerdì 16 Maggio 2014 08:16
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