Recensione
Scritto da Administrator
Il pregio di questo libro di Maria Cristofalo consiste nel suo essere testimonianza diretta e non filtrata da nessun intento volutamente letterario o storiografico o sociologico. È un prodotto esemplare dell’atavica, naturale, esigenza di raccontare, da parte di una madre, non solo ai figli e alle figlie, la propria vita trascorsa prima del suo matrimonio che ha consentito loro di poter venire al mondo, ma, ai nipoti, ai parenti, ai conoscenti, e perché no? al mondo intero, anche gli avvenimenti del dopo. Il racconto qui assolve a una funzione espressiva che osiamo dire “ingenua”, nel senso etimologico della parola: ingenuum è infatti la parola latina da cui essa proviene, composta a ben vedere da due parole: “in” (dentro) e “genuum” (tema di gìgnere, “generare”). Insomma, come afferma il dizionario, “ingenuo” vuol dire “che nasce all’interno della stirpe” (cfr. Sabatini-Coletti, Rizzoli-Larousse), congeniale, connaturale alla “gens”, al popolo, alla cultura. Diciamo “scrittura ingenua” dunque, sia perché “senza malizia”, cioè senza accorgimenti tecnici, alias senza consapevoli ricercati artifizi retorico-letterari; sia perché spontanea, sincera, genuina, connaturata appunto al genere umano, che è, nel nostro caso, femminile. Tutto ciò potrebbe indurre a ritenere tale scrittura di poco valore. Invece è esattamente il contrario. Siamo di fronte a un alto valore, perfino letterario, se attribuiamo importanza poetica e artistica, come sembra che oggi in campo critico avvenga, all’essenzialità del lessico, alla costruzione analogica dettata dalla purezza e immediatezza dell’oralità del discorso, all’aspetto emotivo della comunicazione. Se fosse un quadro lo chiameremmo di sicuro naif, per dire pittura innocente, primitiva, non appartenente ad alcuna scuola, che raffigura la realtà in maniera ingenua. Pittura di autodidatta, di artista originale, che comunque suggestiona con la sua bellezza. E a che cosa se non alla meraviglia, all’emozione è destinata per natura l’arte, sia essa del pennello, dello scalpello, della parola, della costruzione, della musica? Insomma la poesia.
[dalla Nota introduttiva di Arianna Attinasi] |