Descrizione
Autore: Santa Franco
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“Ascoltare le “voci” di donne che non avrei mai trovato nei manuali di sociologia, ma confinate in una remota periferia urbana, è diventato, per me, quasi un bisogno, o, forse un dovere, per ridare loro un’identità che, a mio avviso, sintetizza la condizione femminile, non soltanto limitatamente e provincialmente tusana, ma di una Sicilia, ricca di tensioni, contrasti e stati d’animo complessi e, proprio per questa connotazione, cariche di fascino e di interesse.
Se è pur vero che la materia narrante ripercorre anonimi percorsi di vita, ai margini di processi storici dominanti, l’autenticità di questi soggetti femminili, conferisce, alla stessa, l’autorevolezza dell’unicità e, nello stesso tempo, la valenza di una memoria collettiva femminile, espressione vera di una realtà riconducibile ad esistenze che appartengono al nostro essere di questa terra.
Sarebbe riduttivo e sbagliato non attribuire valore a queste identità femminili, soltanto perché non appartengono ad un protagonismo in termini di emancipazione o perché non hanno cittadinanza come modelli culturali mutageni e nuovi, difatti le storie, che le vedono come soggetti unici, seppure non rientrano a pieno titolo in uno schema lineare in termini di evoluzione di genere, ne sono la parte primordiale, e, forse, ne definiscono la genesi.” [dall’Introduzione dell’autrice]
“Si può ben dire dunque che il libro di Santa Franco si colloca nella vivida “letteratura” (nel senso più ampio) in cui le donne sono protagoniste.
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Santa Franco rientra a pieno titolo in questo ben identificabile ambito letterario, pur discostandosene per il codice linguistico-espressivo, che è integralmente dialettale: una scrittura nitida, di straordinaria forza espressiva ed evocativa. Ma quale altro codice se non quello dialettale per dare voce ai ricordi che provengono dai piccoli ambienti rurali? Sì, proprio il dialetto, perché i ricordi possono fissarsi assai più efficacemente attraverso le modulazioni dialettali – i suoni, le parole – perché è il dialetto il canale espressivo della cultura tradizionale che è, per l’appunto, cultura dialettale.
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Si tratta di una esperienza particolare e bella, in quanto tiene coerentemente insieme la prospettiva memorialistica, quella letteraria, quella socio-antropologica e quella linguistica. Quattro prospettive, quasi corde di un unico strumento, il cui suono ci riaffida, vive, straordinariamente vive, alcune donne specialissime – da Santuzza a Carmelinedda – che rialimentano quel sentimento dei luoghi, oggi sempre più evanescente, che sta alla base della vita comunitaria.”