Descrizione
Autore: Valeria Valenza Gurrieri
€25.00
Com’era bella la nostra montagna in quei giorni di tante estati addietro: nei Sessanta, quando la vacanza si chiamava ancora villeggiatura. Ogni albero, pendio, sentiero, pista innevata … si faceva palcoscenico ideale su cui inscenare la saga della nostra fanciullezza.
Così nitidi nella memoria quegli istanti che precedevano l’arrivo: mentre la Cinquecento arrancava sugli ultimi tornanti stracarica di provviste, ed io, con il naso schiacciato contro il vetro del finestrino e il cuore in gola, aspettavo di veder apparire le cime dei faggi e la Mufara, allora, intatta. Indimenticabile, poi, l’odore acre del basilisco, quello fumoso della legna giovane, bruciata nel camino. Quasi, mi sembra di risentire il suono sordo del corno da caccia cui mamma soleva dar fiato, per richiamare all’appello me e i miei fratelli, Renato e Mauro, sparpagliati in autonomia per vette e spianate.
[dalla nota introduttiva di Lori Adragna]
Le storie che racconto nel libro sono frutto di un paziente lavoro di ascolto e trascrizione. Per dieci mesi ho raccolto emozioni e le ho trasformate in parole che spero ricreino altre nuove emozioni. I fatti e le situazioni sono tutti reali, tutti effettivamente accaduti. Lo preciso perché alcuni pezzi sono al limite del surreale, tanto che chi non li ha vissuti stenta ad accettarne la veridicità. In “Un guanto” ad esempio, mi è stato obiettato che è improponibile che il protagonista, mio fratello Francesco, non avesse ancora compiuto cinque anni. Mi spiace ma è la verità. Potrei cambiarlo, inventare un’età più probabile ma non lo faccio. Questo episodio sono in molti a ricordarlo e per anni lo zio Faele Lima lo ha rinfacciato a papà. E’ stato un “normale” momento della nostra vita fin quando qualcuno ci ha fatto notare che un comportamento del genere da parte di un genitore non era affatto normale. Adesso che sono madre lo credo anche io. I nostri padri, erano dunque insensibili? Superficiali? Irresponsabili? No. Noi camminiamo aggrappandoci al nostro passato paurosi di perderne pezzi. Loro correvano avanti via dalla guerra. Cosa poteva essere pericoloso dopo la distruzione e la morte? Credo stia qui la differenza tra noi e quelle persone ricche di animo e di cultura. Il punto di svolta è stato uno e il suo contrario: la guerra, la pace.
Chi non era in quegli anni quassù, i nostri compagni o gli amici a cui riportiamo i nostri ricordi, ha come l’impressione che noi si vivesse in un mondo irreale chiuso e sdegnoso, perfino irriverente del comune consueto convenzionale andare del mondo. È vero, era così. Noi abbiamo creato nel mondo un nostro mondo di scandali e pace. Noi abbiamo creato la nostra Woodstock. E a chi mi chiede che razza di gente fossimo a vivere così, come eterni ragazzi monelli gioendo di freddo e disagi, a chi mi chiede che razza di infanzia abbiamo avuto a restare bagnati o con le braghe sporche per un giorno intero, a vivere bradi tra prati e montagne confidando soltanto in noi stessi, a chi infine mi chiede che razza di genitori sono mai stati i nostri a trattarci cosi, a questi io dico soltanto che abbiamo vissuto cose straordinarie. Noi eravamo felici.
[dalla Prefazione dell’autrice]