Mariano Campo prete-filosofo in odore di santità.
Presentazione del libro di don Santi Di Gangi, Mariano Campo. Il prete che interrogò Kant.
Mercoledì 5 novembre 2025 h 17:00
SALA PADRE LORENZO MARZULLO
Via Roma, 76 – Castelbuono.
Con la partecipazione di S.E.R. Giuseppe Marciante, Vescovo della Diocesi di Cefalù.
Interverranno:
– il Sindaco Mario Cicero;
– il Coordinatore del Consiglio di Biblioteca, prof. Antonio Ciolino;
– il docente di filosofia prof. Giovanni Prisinzano;
– il docente alla Facoltà Teologica di Sicilia prof. Salvino Leone;
– la prof.ssa Arianna Attinasi, Edizioni Arianna;
– l’Autore.
Concluderà il Vescovo Mons. Giuseppe Marciante.
Un libro, da tanti anni atteso, a sostegno del processo di beatificazione del sacerdote filosofo di Caltavuturo.
Mons. Santi Di Gangi ha avuto la fortuna, in gioventù, di stare vicino al prete-filosofo nel seminario di Cefalù, dove egli trascorse da gli ultimi anni della sua vita della quale ci offre testimonianze dirette.
Il “prete che interrogò Kant“, nato a Caltavuturo il 23 settembre 1892, fu ordinato sacerdote nel 1915, in Germania dal 1929 al 1939 come ricercatore studioso del pensiero kantiano, fu docente di Estetica all’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano dal 1939 al 1954, e infine Ordinario di Filosofia all’Università di Trieste dal 1954 al 1967, tornando nella sua diocesi, per il suo ritiro, a Cefalù nel 1972, dove morì il 29 gennaio 1977.
Il libro esce a cento dieci anni dalla sua ordinazione sacerdotale, ed è il racconto della vita materiale, intellettuale, religiosa, nella quale il vescovo Giuseppe Marciante, ha intravisto, scrive il Nostro nella sua introduzione, << tutte le componenti per avviare il processo per la glorificazione di questo uomo della cultura e uomo di Dio. Egli ha attuato dei passi concreti per iniziarlo>>.
Ma come si spiega il sottotitolo?
L’interrogazione a Kant è in realtà contenuta nelle pagine che danno conto del lavoro di << immersione “nel mondo implicito ed esplicito di Kant” [che] ebbe laborioso compimento con la pubblicazione nel 1953 della Genesi del criticismo kantiano edito da “Magenta” Varese, che presentò al concorso per la cattedra. Ne fu vincitore in terna su trentanove candidati. Riportiamo il giudizio della commissione:
“L’opera di Campo, organica e ben condotta, insiste con risultati felici sul pensiero del ‘700, dalla tradizione wolffiana alla formazione di Kant. La vasta monografia su Wolff – Cristian Wolff e il razionalismo precritico – è molto analitica, valida e sicura anche a giudizio della critica tedesca, la migliore sull’argomento. Il volume sulla genesi del criticismo kantiano ci dà un lavoro di dotta e precisa analisi, condotta con lavoro esemplare ove ogni testo è collocato in un ambiente storico di cui si rintraccia il tono… Fra i candidati del presente concorso, Campo è fra quelli che hanno dato i più validi e seri contributi agli studi italiani di storia e filosofia”.
L’opera suscitò attenzione e interesse che permane tutt’ora, perché dà ragione del lavorio e della incubazione durata quattro decenni che sfociò in quel sistema che Kant stesso chiamerà “rivoluzione copernicana” e che senza la indagine storica di Campo risulterebbe inspiegabile germinazione e dottrina meno comprensibile. In occasione del tricentenario kantiano è stata annunciata da Morcelliana una imminente riedizione.
Questi essenziali riferimenti ci fanno comprendere il titolo dell’Ossevatore Romano nel numero del 28 gennaio 2012 riferito a Campo: Per quel prete Kant non aveva segreti.>>
L’attualità del pensiero filosofico e religioso del prete-filosofo è data anche dagli stimoli che possono suscitare, oggi più che mai, le sue valutazioni sull’allora nascente dibattito sull’Intelligenza Artificiale, espresse nel suo intervento al XXI Congresso Nazionale di Filosofia, sul tema L’uomo e la macchina, tenutosi a Pisa dal 22 al 25 aprile 1967.
In tale occasione Campo, così concludeva il suo discorso, interamente pubblicato nel volume, con il titolo
Demitizzare gli ideologi della cibernetica (1967):
L’uomo fabbricabile? Ci crederò, quando vedrò un robot di carne e di cellule nervose, quando lo vedrò crescere da germe ad organismo sviluppato, quando il prof. Somenzi darà a suo figlio in moglie una macchina cibernetica, quando, oltre che a godere e soffrire, la si potrà educare al diritto e al dovere, alla cultura e alla libertà, e non solo a calamitare qualche parola nel vocabolario elettronico, o a reagire con un riflesso condizionato. L’uomo automa non avrebbe, del resto, che stati predeterminati, scatti precisi: non facoltà in sviluppo, secondo la profonda concezione della metafisica antica, sopravvissute nei trascendentali della filosofia moderna.
Modificare l’uomo? Cosa possibile, certo! Tutto sta a vedere se non ne verranno dei mostri. La scienza osserva ogni parte minima, ogni giuoco funzionale particolare, e può sperimentarne l’alterazione: ma sarà egualmente signora del tutto?
Il tutto è affare della natura e della misteriosa Mente che la governa. Ora, anche verso la natura si deve Ehrfurcht: parola goethiana, di quel Goethe che nell’undicesimo libro di Dichtung und Wahrheit ci narrò la sua reazione giovanile di fronte al grigiore spettrale del macchinismo alla D’Holbach.(cfr. Società filosofica italiana, L’uomo e la macchina. Atti del XXI Congresso Nazionale di Filosofia, Pisa 22-25 aprile 1967, Torino, Edizioni di “Filosofia”, 1967, 3 volumi, vol. III).
Qui il libro.
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