Dalle memorie di un fanciullino di guerra – Wafaa Abdul Al Razzaq
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… la guerra quando scoppia in un posto anche quando sembra molto lontano da te caro lettore, essa in realtà accade per davvero dentro un luogo solo: il cuore di ogni essere umano e, tutti i corpi, che cadono sopra il palcoscenico della guerra sono te; sei tu, che muori quotidianamente qua e là anche quando in “pace” ti svegli a casa la mattina, fai la tua colazione, sfogli il tuo quotidiano e, ti prepari per andare “tranquillo” al tuo lavoro. Le cose non stanno affatto così, ciò che vedi e ti sembra “sicurezza” e “pace” dentro casa tua non è che un immagine bugiarda che tu abbellisci e lucidi ogni giorno con la tua fantasia perché non vuoi vedere altro. Ogni bambino che muore in una terra qualsiasi, in realtà sei tu il cui oggi e domani muoiono con le mani di un altro uomo che pensa di essere più idoneo a gestire le faccende del cosmo al posto di Dio. Si è quindi di fronte ad un Uomo che vuole uccidere Dio per avere il controllo dell’universo tra le sue mani e quindi realizzando che Dio risiede dentro gli uomini ha deciso di ucciderli tutti, motivo per cui, s’impegna molto nel sterminare per primo le donne, simbolo e motore di vita e poi i bambini simbolo del tuo futuro raggiante e del sorriso di Dio stesso. Di conseguenza la guerra che Wafaa Abdul Razzaq racconta nelle sue memorie è una guerra contro il Bene e contro la Bellezza sulla terra, in altre parole è una guerra contro il cuore delle purezza, anzi contro Dio in persona. E, ogni mano che indirizza le pallottole della sua pistola verso Dio è una mano morta e tutti i corpi che cadono nelle zone belliche muoiono una sola volta, la mano dell’assassino invece muore mille volte al giorno. Le guerre, tutte le guerre ovunque siano sono delle perdite eterne e, non esistono vincitori e sconfitti, si è soli sconfitti tutti quanti.
Cosa significa tradurre Wafaa Abdul Razzaq? È una questione che ho posto dal mio primo incontro con il suo alfabeto, o meglio ancora da quando ho letto La casa d’argilla. Allora, non avevo ancora saputo della già avvenuta pubblicazione di Min muḏakkirāt ṭifl al-ḥarb, ma mi ero resa subito conto di essere di fronte a un morfema diverso e particolare, il cui modo di esprimersi è dotato di un’impronta speciale e autentica. In poche parole, Wafaa è una palma che ha radice salda e rami alti nel cielo. E, la palma porta nel grembo codici e segreti che il viandante dentro i deserti della parola non può decifrare se non ha nel sacco di viaggio il pane della pazienza, la giara del lungo respiro e la candela della profonda volontà. Altrimenti nulla si può avere dai testi di Wafaa se non una manciata di miraggi sbiaditi e di ombre senza calore e senza luce.
Tra le righe di La casa d’argilla ho trovato Wafaa, le braccia della madre, i libri del padre, l’amore della nonna, la mano del nonno e il cuore della patria impregnato dal profumo del passato, della storia e della civiltà millenaria. E non solo questo, ho trovato anche la tavola sulla quale Wafaa ha inciso con chiodi sumeri la storia di un popolo intero, ossia la storia che mi aveva subito portato verso i primi tempi della scrittura. Inoltre, ho trovato anche il corpo dell’autrice, il copro della sua terra ferita e infine, in ogni suo testo, ho trovato me e questo non può avere che un solo senso: La voce di Wafaa è la voce della terra, La Grande Madre che quando inizia a parlare i figli tutti attentamente la ascoltano senza alcuna differenza tra loro: bianchi o neri che siano, arabi e non, credenti o non. Tutti sono interessati e a tutti spetta udire Wafaa con il cuore e leggerla con l’anima perché ella sta per raccontare a loro il malore e la sciagura che hanno colpito sin dal principio l’Umanità.