Incontro culturale con Francesco Dolce a Polizzi Generosa

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… questo è un libro speciale e, a suo modo, atipico! Pur rispondendo ai canoni tradizionali di una autobiografia, genere letterario attraverso cui un soggetto si racconta e, raccontandosi, rivela la sua anima e la vita più intima, il libro di Francesco Dolce, supera il livello autobiografico sic et simpliciter e si offre ai lettori, tutti coinvolgendoli e tutti richiamandoli a una sorta di banchetto letterario, in cui chi lo conosce, chi ha fatto con lui un pezzo di strada, chi ne ha condiviso ideali e impegni concreti, si sente ed è realmente coinvolto.

Ed io sono, tra questi. In un certo senso, lo dico senza alcuna retorica e senza alcuna presunzione, non potevo che essere io a presentare e a curare la sua prima fatica letteraria.

Ma perché io? Sono cresciuta, sentendo riecheggiare continuamente il nome di Ciccuzzu, lo pronunciava mia madre con profonda tenerezza, ne parlava mio padre con orgoglio e con stima. Ciccuzzu era sempre presente nei racconti di mia madre; in fondo l’aveva cresciuto anche lei e lo sentiva come il figlio maschio che non aveva avuto. Ciccuzzu era il figlio di tutti…

E io, me lo immaginavo e lo sentivo come il fratello che non avevo. Poi la vita cambia, le relazioni si modificano, si verificano anche conflitti e divergenze su idee, prospettive, ideali, i percorsi di vita inevitabilmente si diversificano, Faccio fatica a raccogliere tutti i ricordi; una cosa è certa: Ciccuzzu c’è stato e c’è. [Clara Aiosa, dalla prefazione]