Descrizione
Titolo: Marmellata d’arance
Autore: Rosalia Messina
Editore: Edizioni Arianna
Pagine: 96
Prezzo: 12,00
ISBN: 979 1280528 698
Luogo di pubblicazione: Geraci Siculo
Anno pubblicazione: 2025
<< Lo capisco adesso, all’improvviso. Non era indulgenza, era solidarietà. Eravate sopravvissute a un comune naufragio, a una perdita indicibile. Per tutta la vita hai sparso nella mia mente semi di dubbio, sperando che prima o poi germogliassero.>>
Marmellata d’arance è la storia di tre donne legate dall’affetto familiare e da una perdita comune: Fabrizia, giovane oncologa di origine siciliana, sua madre Emma e sua nonna Bianca, madre di suo padre, Renato, che non c’è più.
È stata la forte, accogliente e carismatica Bianca ad allevare la nipote, a riempire i vuoti lasciati dall’assenza delle figure genitoriali.
Rosalia Messina racconta in questo breve romanzo le vicende di persone ferite da una morte inspiegabile, misteriosa, che cercano, ciascuna a suo modo, di ritrovare se stesse e rianno- dare i legami fondamentali.
Nota dell’autrice
Sono trascorsi alcuni anni dalla prima edizione di Marmellata d’arance, pubblicato dalla casa editrice Arianna nel dicembre del 2013. Molte cose, nel mondo e nella mia vita, sono cambiate. Fabrizia Manno, sua nonna, Bianca, e sua madre, Emma, sono invece rimaste uguali nella mia immaginazione. Rileggendo le pagine del romanzo, in occasione di questa nuova edizione, non ho avuto ripensamenti, non mi è venuta voglia di modificarne il linguaggio, di apportare varianti alla storia.
Questo romanzo breve è stato premiato nel 2016 (Premio Metauros) ed è stato finalista al concorso Una storia per il cinema nel 2021.
Sono grata ad Arianna Attinasi per avere creduto ancora una volta nella storia di Fabrizia, Bianca, Emma e degli altri personaggi.
Sono grata ad Angela Argentino per avere scritto una postfazione profonda, attenta e partecipe e avere fornito, con la sua tipica generosità, il bellissimo acquarello della copertina nel quale è raffigurato un giardino con bougainvillea. Una festa di colori come viatico per il nuovo cammino del romanzo.
Sono grata a chi ha apprezzato Marmellata d’arance negli anni passati; mi auguro che questa edizione trovi accoglienza anche presso nuovi lettori.
Postfazione
Ci sono due modi tradizionali di preparare la marmellata di arance, in Sicilia: sbucciando le arance o lasciandole intere. Nel primo caso la buccia viene liberata accuratamente dall’albedo amarognolo, viene bollita, tagliata in striscioline sottili e messa infine a cuocere con la polpa spezzettata e lo zucchero. Nel secondo caso le arance vengono punzecchiate con una forchetta nello spessore della scorza e poste in acqua fresca per un po’ di giorni. Che la marmellata si prepari in un modo o nell’altro, la sostanza non cambia: bisogna liberare il frutto dall’amarume preservando la dolcezza della polpa. Nonna Bianca, la nonna della protagonista del romanzo, era insuperabile nel prepararla. Sapeva che si arriva alla dolcezza, alla consegna del buono, dopo un travaglio, dopo una passione. Sapeva che la raschiatura o la punzecchiatura, la bollitura o la macerazione costituiscono una sorta di purgatorio dove lasciar decantare risentimenti, rancori e la rabbia «…che è un dolore andato a male». Ché anche l’arancia, come il cuore umano, riesce ad accumularli nella sua scorza mentre all’interno rimane la dolcezza acre degli spicchi.
(…)
La scrittrice Messina, già in questo romanzo pubblicato da Edizioni Arianna nel 2013 e ripubblicato adesso dalla stessa casa editrice, dà prova mirabile di come una lingua scarna e asciutta sappia creare il ritmo emozionale di un battito cardiaco accelerato che poi di colpo si arresta, che ci mette di fronte alla cruda realtà dei rapporti familiari falsi, da recidere come fiori secchi. In ogni romanzo di Rosalia, successivo a questo, ho incontrato l’amarezza dei rapporti traditi e la necessità etica di guardare ad essi per quello che spesso sono: finzioni ipocrite, maschere da togliersi anche a costo di annegare nel dolore. Ritrovo anche la stessa geometria di impianto narrativo. C’è sempre una casa come punto di partenza e uno o due personaggi centrali intorno ai quali ruotano, al margine, figure secondarie come comparse, personaggi tratteggiati con incisiva sintesi ma volatili, non necessari all’economia generale della narrazione. In questo romanzo appaiono le zie, scialbe, imbruttite dal tempo e dall’inerzia, uno zio affettuoso che ci rimane impresso per il gesto goffo di un braccio sulle spalle della nipote mentre si avviano per il funerale, Immacolata, la portiera accudente che terrà ancora le chiavi della casa ormai vuota, come la guardiana di un faro che deve fare luce nella notte. E tre figure maschili che procurano a Fabrizia emozioni che lei rifiuta di far salire in superficie. Ora che la nonna l’ha lasciata, la nipote ripercorre il sentiero delle loro conversazioni, risente i suoi consigli: «… fa’ un ultimo sforzo!» È grazie a quello che ricorda della nonna che accetta di intaccare la scorza che la avvolge, che lei stessa ha inspessito continuamente con altri strati di dolore e di solitudine. Attraverso il lavoro di medico ospedaliero è obbligata a convivere con sofferenza e morte, nell’incessante lotta per alleviarle. Rivede le mani della nonna: erano le sue parole mute, quelle che evitava di pronunciare.
C’è un’allegoria di fondo in tutto il romanzo e per esporla Rosalia Messina si serve delle parole di Edgar Lee Masters nell’Antologia di Spoon River. Le fa pronunciare alla madre ritrovata. «Non lasciate la volontà farvi da giardiniere nell’anima, a meno che siate sicuri ch’essa è più saggia dell’anima vostra». Se la volontà è la scorza dell’arancia e l’anima la polpa dolce che essa racchiude, allora è l’anima che dobbiamo seguire. Esattamente quello che fa la madre quando con un cenno di mano dice alla figlia, senza parole: «Aspetta, resta lì, fatti raggiungere!». Questo romanzo di Rosalia Messina, dal linguaggio secco, per sottrazione, che costituisce la cifra della sua scrittura, presenta di nuovo una protagonista femminile che si misura con delle comparse che entrano ed escono di scena fugacemente, mentre al centro restano la protagonista e un’altra figura di riferimento che in questo caso è la nonna e che nei romanzi a seguire saranno altre donne forti e speciali.
Angela Argentino