LA SACCA DI BELLAFRONTE. FRANCESCO GIACALONE

13.00

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Descrizione

Titolo: La sacca di Bellafronte. Storie di nobili e padrini d’eroi e di poveri meschini
Autore: Francesco Giacalone
Editore: Edizioni Arianna
Pagine: 192
ISBN: 978-88-99981-05-1
Prezzo: 13,00
Luogo di pubblicazione: Geraci Siculo
Anno di pubblicazione: 2017

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Lasciamo scorrere gli anni all’indietro e arriviamo verso la fine dell’ottocento o qualche anno dopo, verso la seconda decina del novecento, ma in fondo, mezzo secolo più o mezzo secolo in meno, non ci sarebbe nessuna differenza ai fini degli elementi basilari di questi racconti, quando tutte le famiglie si riunivano nei cortili sotto casa insieme ai vicini ad ascoltare per spasso qualcuno che raccontava le storie.

Mettiamoci seduti insieme agli altri in un cortile del rione casalicchio, in tempo per assistere ai cunti di don Cicciu Beddafrunti.

Se non avete portato la sedia, sedetevi per terra come i bambini e godetevi lo spettacolo perché proprio di spettacolo si trattava, dove la gente ascoltava e applaudiva un solo attore, un solo personaggio dal vivo che però possedeva l’abilità di trasformarsi in centomila personaggi mentre recitava e cantava le sue storie a un pubblico di paesani abituati anche all’opera dei pupi a fare domande e a intromettersi, a chiedere di risparmiare dalla ne cruenta qualcuno dei personaggi ch’era risultato particolarmente simpatico, a fare qualche battuta se capitava l’occasione, e capi- tava spesso.

I Cunti popolari fanno parte della lingua e della poesia siciliana e ce ne sono di famosi ormai accreditati nella letteratura. Questa raccolta rivisita storie raccontate nella tradizione popolare di una città piena di vento e di sole a ovest dell’Isola, chiamata la città dei due mari perché la sua penisoletta si sporge sul Mediterraneo che si divide a nord-est nel Mar Tirreno e ad ovest nel Canale di Sicilia, un tempo denominato anche Mar
Affrico: Trapani è sopra, simbolo secolare di protezione della città e del Mare, monte san Giuliano che ha ripreso l’antico nome di Erice, dove sorgeva il tempio di Venere.

Il linguaggio usato in questa serie di racconti è un incasinamento fra l’italiano e il siciliano popolare, ortograficamente incerto quando accade che parole identiche vengano scritte alternativamente con piccole differenze di vocali o consonanti, oppure una volta in italiano e poi in siciliano, e viceversa, come accade nell’uso quotidiano. Spesso il discorso viene italianizzato per renderlo più comprensibile a chi non ha dimestichezza con la nostra lingua-dialetto. È stato compilato un “vocabolarietto” dei termini dialettali meno comprensibili usati nei cunti, che si trova alla ne del libro. Rimane inteso che i cantastori si esprimevano nel loro colorito e variegato idioma siciliano, alternando prosa e versi. Mi piace rivolgere un ringraziamento particolare al grande Maestro Andrea Camilleri che con il suo ingegno creativo è riuscito a sdoganare l’idioma siciliano nella narrativa contemporanea. Dal Suo insegnamento, io ed altri, abbiamo preso il coraggio di ampliare con parole prese dal nostro dialetto la altrettanto nostra madre e matrigna lingua italiana.

Informazioni aggiuntive

Dimensioni 21 × 15 × 14 cm