LA DEVOZIONE DI TURI alla Biblioteca Comunale di Castelbuono. 25 settembre 2020 ore 17,30.
Interverranno
Antonio Ciolino, coordinatore del Consiglio della Biblioteca Comunale;
Anna Lisa Cusimano, assessore alla cultura;
Luciana Cusimano, presidente dell’associazione Amici del Museo Civico;
Pietro Attinasi, Edizioni Arianna.
Il libro La devozione di Turi è di Antonino Cicero.
Sarà presente l’Autore.
Sfoglierà e leggerà l’attrice Stefania Sperandeo.
Un agevole affresco della tramontata cultura contadina rivive in prosa d’arte.
“Nei secoli di mezzo, anche in quella terra che fu isola e viceregno, che fu continente e pugno di genti; in quella terra che pianse e che rise, dove tutto fu concesso per sostanza, ma mai per forma – che per forma è il cavillo della parola scritta e l’intreccio di quella non scritta, che è più ricca assai di cose non dette e dette per meglio specificare; in quella terra dove si parlava tanto per compiacere l’uomo e per spezzare pane e reni; in quella terra di mezzo che fu isola quando chiese di stare sola e che fu ponte per reclamare denari, drammi e bestemmie; in quell’isola che non accettò di farsi dire come essere isola; che non accettò di farsi dire che era isola, presuntuosa e preziosa, che azzardava e azzannava collo e cuore; in quell’isola dove non era cosa buona fare radici e aspettare che d’estate, e pure d’inverno, l’acqua venisse calata dall’alto per placare la sete; in quell’isola che fu mondo, tutto e nien- te, e pure cortile d’alto bordo – che a farne il giro veniva il giorno nuovo; in quell’isola, in quei secoli di mezzo, dove la terra, quella seminata e ammazzata, fu sistema e ricchezza, gola e culo, povertà e chianto; dove il signore paria sentenza e il povero, poveraccio, poverazzo contadino condannato e nulla più; in quell’isola e, giù giù, in quella contea che fu uguale a tante altre tra le valli che gli arabi nominarono di Noto, di Mazara, Demone; in quella contea che stava al nord – uguale a tante altre a l’oriente e pure al mezzogiorno e a l’occidente – e che fu terra di parrini, chiese, conventi e notari, congregazioni, allevatori, facchini, piritolli e avvo- cati, soldati e argentieri, campanari e mastri di ceramica; in quella contea, come anche in tante altre, uguali uguali, vi furono il mistero, li spettacoli e la terra appizzata al tempo che pagò il fio, infeudato e infiorato. Tempi bui e nivuri furono quelli che Turi e compari vissero; tempi bui e nivuri per quei contadini, genti di terra, poveri, poveretti, trasgressori, piccoli costruttori; uomini di cultura antica e “cavura di saperi” – dicevano i pidocchi arrotolati in abiti abbondanti, di fine fattura, con penne e piume, bolle e tranelli per il buon gusto, abituati a sbadigliare con una gamba sull’altra e a rincorrersi tra i corridoi e le stanze spente, catturate dalle spesse pareti, di palazzi piantati come alberi secolari in mezzo a strade e gozzovigli.
Copertina di Marcella Brancaforte.
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