Giovanni Iannuzzo, recensione del libro “La vera fiaba di Virus Corona”

Pietro Attinasi, Maria Di Vuono
LA VERA FIABA DI VIRUS CORONA
Edizioni Arianna, 2020

Certo che è strano avere per protagonista di una fiaba un virus. Non mi era mai capitato! Lupi, orsi, api, topi, serpenti, pesci… Persino microorganismi infettivi, come quelli che Mago Merlino spedisce alla perfida Maga Magò, nel famoso film di Walt Disney… Ma un virus proprio no, che io ricordi. A sopperire alla bisogna ha pensato l’amico Pietro Attinasi che, a quattro mani con la moglie, Maria Di Vuono, ha scritto una nuova favola. Una favola dei tempi moderni. Tempi drammatici. Infatti il protagonista non è un virus comune, pret-à-porter. E’ proprio lui, il maledetto, il coronavirus.

Tutti ci siamo chiesti, in questi mesi angoscianti, “cosa fosse”. Forse è stata, anzi, la domanda fondamentale: ma che cos’è ‘sta roba, questo mostro invisibile e supercornuto (come mostra l’immagine che emerge dal microscopio elettronico) che sta mettendo in ginocchio l’umanità? Da dove viene? La scienza non ha saputo darci una risposta univoca e sicura. Parliamoci chiaro: solo ipotesi su ipotesi, oggetto di dibattiti noiosissimi e improduttivi fra esperti assortiti e basta, più confusi che persuasi, ad ogni ulteriore dibattito. E’ la mancanza di una risposta quella che ci angoscia. E’ strano, lo so, ma è proprio così. L’incertezza, specialmente condita con paroloni, grafici e tabelle, ingigantisce la nostra percezione del pericolo.

Pietro e Maria hanno risolto il problema, in maniera geniale. Ci propongono la ‘vera storia’ del coronavirus. Ma non con un tecnicissimo articolo sul New England Journal of Medicine, bensì con una favola, con una semplice, deliziosa favola. C’era una volta, in un remoto posto della Galassia, un povero piccolo virus, tondetto come un’arancina, che, diventato maggiorenne, per uno strano rito di iniziazione, fu dotato dalla mamma di decine di corna (si vede che lì si usava così…ai virus maschietti le corna le regalavano le madri e non le mogli!) e mandato in giro per l’universo mondo, dopo qualche rapida lezione di educazione sessuale, centrata sul come riprodursi. E il piccolo Corona, tondetto e cornutissimo, parte… Così, molto semplicemente comincia la storia, talmente simpatica che mi verrebbe voglia di raccontarvela tutta… Ma non posso, ovviamente.

Posso solo dirvi che, come in ogni favola che si rispetti, il viaggio del piccolo Corona si arricchisce via via di situazioni e personaggi. Inaspettati, come il cacciatore che apre la pancia del lupo che ha ingoiato Cappuccetto rosso e la sua nonnina, come Mangiafuoco e il Gatto e la Volpe e Lucignolo in Pinocchio, come i sette nani di Biancaneve… Imprevedibili apparizioni che però danno un senso alla storia. Cambia il personaggio ‘interveniente” e cambia la storia. Che sarebbe successo se Biancaneve avesse incontrato nella foresta non i sette nani, ma il mostro di Firenze e i suoi ‘compagni di merenda’? O Pinocchio non Lucignolo, ma il suo Direttore scolastico? Così i personaggi ‘intervenienti’, come le variabili dello stesso nome in statistica, determinano la storia, tracciano il sentiero. Ma la genialità del ‘fabulante’ consiste proprio in questo, nel trovare i personaggi giusti e inaspettati.

E nel racconto di Pietro e Maria di personaggi inaspettati se ne incontrano davvero tanti. Che ci fa il piccolo Corona aggrappato, comodamente ospitato dall’orecchio di un innocuo pipistrello, a parlare per ore al cellulare con la mamma dispersa fra un buco nero e l’altro? E perché la madre, saggia, gli sussurra di non fidarsi degli uomini, perché sono cattivi di natura? E chi è il misterioso Imperatore dei Mondi Terrestre e Lunare? E chi sono i misteriosi Possessori dei Soldi Supremi? E il Missus Dominicus? E cos’è il Laboratorio dei Camici Bianchi? Beh, dovrete scoprirlo da soli. Ma state bene attenti: una favola non è solo una storiella inventata per salvifico capriccio. Una favola ha sempre un senso profondo. Ci dice cose che, magari, non avremmo voluto sentirci dire o che qualcuno non ci vuole dire. E ce le dice in modo simbolico. Il simbolo si proietta nell’ignoto e permette di cogliere relazioni che sfuggono alla coscienza e alla ragione, ma esso è anche un’espressione sostitutiva che ha il compito di far passare nella coscienza, in forma dissimulata, certi contenuti che altrimenti verrebbero censurati. Inoltre il simbolo funge da mediatore favorendo i passaggi tra i vari livelli di coscienza, tra il noto e l’ignoto, tra il manifesto e il latente. Adempie perciò anche a una funzione pedagogica e terapeutica, producendo una forma di identificazione e partecipazione a una forza sovraindividuale, facendo sentire l’uomo meno solo e isolato.

Bruno Bettelheim, descrisse, in modo suggestivo le più belle e conosciute fiabe: da Hansel e Gretel a Cappuccetto Rosso, da Biancaneve alla Bella Addormentata nel bosco, la fiaba dà spazio al gioco semantico e segnico. La fiaba semplifica tutte le situazioni, i suoi personaggi sono nettamente tratteggiati. È importante sottolineare che non è il trionfo finale della virtù a promuovere la moralità, bensì il fatto che sia l’eroe a risultare maggiormente esemplare, permettendogli di identificarsi con lui nelle sue lotte. Grazie a questa identificazione immaginiamo di sopportare con l’eroe prove e tribolazioni, e trionfiamo con lui quando la virtù coglie la vittoria. Una fiaba ci da la certezza che la vita può essere affrontata con la fiducia di poter sormontare le sue difficoltà o con la prospettiva della sconfitta: anche questo costituisce un importantissimo problema esistenziale. Superiamo così l’angoscia, otteniamo il nostro regno.

La fiaba è in fondo simile al sogno, e come questo esige un’interpretazione e ci sprona ad un processo di svelamento e di recupero di quel linguaggio simbolico altrimenti inesplorato e dimenticato, che si proponga come collegamento e riconoscimento tra un passato altrimenti perduto ed un futuro, che sia promessa comprensibile e che discenda da un presente esplorato e quindi meno confuso ed ermetico. Così la fiaba diventa un meraviglioso palcoscenico di significati, che si rivela capace di più livelli di lettura e le sue immagini-simbolo, piene di significati, stimolano diverse comprensioni.

State molto attenti, allora, nel leggere la fiaba di Pietro Attinasi e di Maria Di Vuono. Leggetela anche e soprattutto fra le righe. Forse vi dirà molto di più di quello che… pensate di pensare. Altrimenti, che fiaba sarebbe?

Giovanni Iannuzzo

Nessuna descrizione della foto disponibile. Nessuna descrizione della foto disponibile.(pubblicata sulla pagina Facebook dell’autore il 18 maggio 2020)

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