Intervista a Davide Bonomo, autore del giallo L’avvelenatore di due Berthe, in diretta su Giallo Festival. Mercoledì 7 aprile ore 18.00.
In vista della terza edizione di Giallo Festival, il festival evento dedicato al giallo fra finzione e realtà, che si svolgerà nel prossimo mese di novembre 2021, Davide Bonomo viene intervistato su YouTube: https://youtube.com/watch?v=iFOR7WVnKsQ.
L’intervista sarà trasmessa sui canali YouTube di Italia Book Festival e Giallofestival, le pagine social e sui siti www.giallofestival.it e www.italiabookfestival.it (vai QUI)
Scrive nella prefazione Lorenzo Sciajno:
Presentare un’opera prima è un compito apparentemente agevole, ma che riserva sorprese e nasconde impreviste difficoltà. Un po’ come incamminarsi per un sentiero che sia (fino a quel momento) l’unico a condurre in un determinato luogo che si vuol raggiungere: non c’è il pericolo di sbagliare strada, ma non si sa se, percorrendolo, ci si possa imbattere in asperità e ostacoli, o – perché no? in vedute incantevoli, che si manifestano appena svoltata una curva rischiosa.
Leggere L’avvelenatore di Rue Berthe è stato percorrere un cammino gradevole ai sensi dell’immaginazione e stimolante per la memoria letteraria di chi scrive, cresciuto a ‘pane e libri gialli’ come molti della mia ormai non più verdissima generazione.
Ed è ancor più gradito dono alla passione ‘giallistica’ il fatto che l’autore di questa Crime Story sia un ‘Millennial’, un ‘nativo digitale’, insomma appartenga al XXI secolo con i suoi giovani anni. Giovane di età anagrafica, ma di ben matura e scaltrita consapevolezza nell’architettare e dipanare per i lettori una storia fosca e – in partenza! – ‘banalmente malvagia’, sulla scia di storie purtroppo autentiche e di altre storie narrate (e forse per questo ancora più autentiche) da Simenon come pane per i denti del suo Maigret.
Ebbene, di pagina in pagina, di dialogo in dialogo, di descrizione in descrizione, la storia ‘banalmente malvagia’ si frantuma in miriadi di possibili sfaccettature, come i cristalli di un caleidoscopio, rivelando tante realtà, più complicate, più dolorose, più commoventi, più umane.
Il primo aspetto che colpisce il lettore è la scelta dell’ambientazione. In un periodo di indubbia proliferazione di Crime stories che hanno come teatro la Sicilia e come attori commissari e commissarie, poliziotti e poliziotte, investigatori e investigatrici (per professione o per hobby) siculi e sicilianissimi, un autore siciliano che sceglie di porre la sua storia nella Parigi e nella Francia tra le due guerre mondiali è veramente una rara avis e mostra di avere un indubbio coraggio e l’allegra sfrontatezza della sua gioventù.
E la scelta non si rivela azzardata: fin dalle prime pagine traspare la cura nel riferire i luoghi, nel renderli evidenti alla mente del lettore. Traspare la mente scientifica dell’autore, che ri-crea i luoghi e dà loro ordine e correlazioni, per calarvi e farvi agire i suoi personaggi. Quella è Parigi, quelle sono le sue strade, quella è la varia umanità che la popola, con le sue piccole idiosincrasie e con i suoi segreti inconfessabili.
Si è fatto cenno alla scientificità della visuale sull’ambientazione. Essa è ancor più evidente nella precisione (praticamente professionistica) dei dettagli relativi alle sintomatologie degli avvelenamenti, come pure nell’accuratezza dell’osservazione dei particolari più minuti, e per ciò stesso più facilmente fuggevoli per l’attenzione dei detectives (e per quella del lettore), ma che si rivelano tasselli fondamentali per la ricostruzione d’insieme del puzzle.
Sicché, quanto più ci si addentra nella lettura, tanto più vigile essa si fa, anche a nostra insaputa; la storia ci prende, l’autore ci dissemina piccoli ami ai quali siamo ben felici di abboccare, e diventiamo noi stessi lettori parte della storia, collaboratori dell’indagine; facciamo le nostre deduzioni, costruiamo le nostre ipotesi… e le vediamo bellamente crollare sotto i colpi di un ‘anello che non tiene’, di un particolare che avevamo anche noi sottovalutato, di una rivelazione inattesa, sconcertante, ma sì, ben più convincente.
In un ‘romanzo breve’ come questo, è chiaro che i dialoghi devono essere serrati e densi, e così è. Eppure, l’esigenza di una scrittura ‘spedita’ non pregiudica la profondità dei personaggi, neppure di quelli ‘secondari’ per lo sviluppo della trama. Di Victor, il protagonista, veniamo a conoscere parecchio di più di quanto egli stesso dica o faccia, e persino parecchio di più di quanto ci informi direttamente l’autore. Il personaggio di Victor ha un passato che spiega molto del suo presente, ma il suo presente non è solo lui, con le sue emozioni e le sue azioni, ufficiali per così dire e private; il suo presente è la sua famiglia (o quel che ne resta), i cui componenti sono ‘portatori’ di altre storie, che si intersecano con quella di Victor illuminandola da visuali eccentriche o anche gettandovi sacche inaspettate di penombra.
L’autore ha certamente una riserva di nuovi e intriganti percorsi paralleli lungo i quali intende farci incamminare. Il sentiero è stato tracciato; ma non è che un apripista. Non vediamo l’ora di riprendere il cammino.
Lorenzo Sciajno
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