Divina instrumenta Argenti liturgici nelle chiese di Gangi, di Salvatore Anselmo

25.00

Descrizione

Titolo: Divina instrumenta.Argenti liturgici nelle chiese di Gangi
Autore: Salvatore Anselmo
Editore: Edizioni Arianna
Pagine: 160
Prezzo: 25,00
ISBN: 9791280528254
Luogo di pubblicazione: Geraci Siculo
Anno pubblicazione: 2022
Introduzione: Maria Concetta Di Natale
INTRODUZIONE

     Maria Accascina attraverso i suoi appassionati e preziosi studi sull’arte dei paesi delle Madonie mi ha trasmesso un grande amore per il patrimonio storico-artistico di questo territorio per tanti aspetti ancora incontaminato dalla realtà caotica e talora inaspettatamente sconvolgente dei giorni nostri. Ho frequentato così anch’io per anni tutti i centri delle Madonie seguendo le orme di quella grande studiosa di arti decorative siciliane e continuando nelle ricerche.
Gli studi di Maria Accascina originano dagli trenta del secolo scorso e grazie alla formazione con Adolfo Venturi indagano tutte le branche artistiche come pares inter pares.
La ricerca di Salvatore Anselmo sulle suppellettili liturgiche di Gangi, centro delle alte Madonie, si colloca, dunque, nel contesto di un percorso di studi che valorizza le arti decorative isolane di età medievale e moderna al pari delle coeve produzioni pittoriche, scultoree e architettoniche. Ho avuto anch’io l’occasione di percorrere le vie di Gangi e apprezzarne le bellezza e in particolare la ricchezza e la raffinatezza delle opere d’arte decorativa nelle Madonie che si caratterizzano in maniera del tutto speciale e tanto originale quanto omogenea nei diversi centri del territorio. A Maria Accascina ho voluto dedicare l’Osservatorio delle Arti Decorative in Italia, strumento scientifico del Dipartimento Culture e Società dell’Università degli Studi di Palermo (www.oadi.it) con sede nel complesso monumentale dello Steri. Quest’ultimo si pone come obiettivi la conoscenza, la divulgazione e la valorizzazione delle opere d’arte decorative in Italia, partendo dalla Sicilia, territorio in cui esse hanno avuto uno sviluppo particolare e maggiormente variegato rispetto a tutte le regioni peninsulari.Anselmo, autore di altri studi sui ricchi tesori delle Madonie, come quello di Polizzi Generosa pubblicato nel 2006, partecipa all’organizzazione scientifica dell’Osservatorio curando, tra l’altro, la rubrica Oadi Madonie.
Proprio a Maria Accascina, attenta, appassionata e infaticabile indagatrice dell’area madonita, si deve, nel 1937, presso il convento dei Padri Riformati di Petralia Sottana, La Mostra d’Arte Sacra delle Madonie. Insieme a Maurizio Vitella e grazie all’infaticabile impegno di Anselmo, abbiamo ricostruito nel 2017 il catalogo che la curatrice non riuscì a quel tempo a pubblicare. Un’iniziativa editoriale, quest’ultima, realizzata grazie al sostegno dei comuni di Gangi e Geraci Siculo e alla collaborazione di Salvatore Farinella, che in questo volume partecipa attivamente con il contributo Il Tesoro della Matrice e delle chiese filiali di Gangi nelle fonti documentarie fra Seicento e Settecento. In quella esposizione la studiosa raccolse circa quattrocento opere tra dipinti, sculture lignee e marmoree, suppellettili liturgiche, parati sacri, gioielli, portantine, maioliche, vesti, gualdrappe, merletti e veli, eseguiti dal XI al XIX secolo perlopiù in Sicilia, provenienti dalle collezioni di nobili famiglie, dai Musei siciliani e dalle ricche e numerose chiese dei centri delle Madonie che appartengono alla Diocesi di Cefalù. Dalla collezione della famiglia Sgadari Lo Monaco di Gangi, l’Accascina espose, ad esempio, il capezzale con l’Immacolata in rame e corallo che, eseguito da maestranze trapanesi nella prima metà del Seicento e ora nei depositi della Galleria Regionale della Sicilia di Palermo, Palazzo Abatellis, ho avuto modo di studiare in occasione della mostra Bella come la luna pura come il sole. L’Immacolata nell’arte in Sicilia, curata insieme a Maurizio Vitella e allestita nel 2004 presso i locali della Basilica di San Francesco d’Assisi a Palermo.
Nei tesori che custodiscono irripetibili opere d’argenteria, significativa testimonianza del patrimonio culturale e artistico delle Madonie, è espresso un singolare e interessante repertorio tardo-gotico che propone elementi toscani, come l’ostensorio, già reliquiario di San Bartolomeo, di Piro di Martino o Martini della seconda metà del XIV secolo, voluto da Francesco II Ventimiglia, conte di Geraci Siculo, ed esposto nel Tesoro dello stesso borgo medievale di cui nel 1995 ho curato il riordino e la nuova esposizione pubblicandone anche il catalogo. Manufatti d’arte toscana erano peraltro presenti, con un significativo potere di penetrazione, pressoché in tutta la Sicilia. Ad ambito ligure-toscano, ad esempio, Anselmo riconduce, in quest’altro volume, l’inedito reliquiario antropomorfo di San Nicolò di Mira, titolare della Chiesa Madre di Gangi ove l’opera è custodita, datandolo tra la fine del XIV e gli inizi del secolo seguente ed ipotizzandone la commissione da parte di Enrico o più verosimilmente di Giovanni Ventimiglia, primo marchese di Geraci e signore di Gangi.
L’argenteria siciliana del XV secolo appare, invece, sempre più manifestamente influenzata da quella spagnola, del resto i contatti con gli artisti iberici o con i loro prodotti risultano ampiamente e palesemente evidenziabili dalle molteplici espressioni dell’arte siciliana del periodo, dalla pittura alla miniatura, dalla scultura all’oreficeria. Alla cultura artistica spagnola rimandano, infatti, numerose suppellettili liturgiche custodite nei tesori isolani e in particolare nelle Madonie, come i calici con le simboliche foglie di cardo, databili tra la seconda metà del Quattrocento e gli inizi del secolo seguente, di Castelbuono, Geraci Siculo, Polizzi Generosa, Petralia Soprana, Petralia Sottana e Palermo che l’Accascina definì con il fortunato epiteto di “madoniti” per le loro peculiari caratteristiche, di cui un esemplare dalla tipologia affine è conservato presso la chiesa di San Paolo a Gangi.
I documenti e gli inventari resi noti da Farinella hanno purtroppo rivelato che gran parte delle suppellettili liturgiche del Cinquecento e della prima metà del Seicento dei tesori delle chiese di Gangi è andata perduta, pur tuttavia, si custodiscono ancora numerose e significative opere del Sette e dell’Ottocento. Queste ultime, caratterizzate da esuberanti motivi barocchi, da frivole soluzioni rocaille o da modulari decori neoclassici, sono state eseguite da argentieri palermitani e messinesi, già attestati in altri centri siciliani, alcuni su probabile disegno dell’architetto Gandolfo Felice Bongiorno.
Il volume di Salvatore Anselmo indaga, dunque, con rigore scientifico le suppellettili liturgiche custodite nelle chiese di Gangi, alcune di esse esposte nei locali annessi alla Chiesa Madre in attesa che si realizzi il nuovo polo museale che, promosso da don Giuseppe Amato, si inserisce nell’Itinerarium Pulchritudinis della Diocesi di Cefalù. La pubblicazione, proposta dall’allora parroco, don Giuseppe Vacca, attesta ancora una volta come l’arte si intrecci con la storia e la fede consentendo di dischiudere una finestra non soltanto sull’abilità dei maestri orafi e argentieri, ma sulla cultura dell’epoca, mettendo in risalto quello che è il senso degli studi storico-artistici: una meticolosa ricerca sugli stili, sugli artisti, sui committenti, sulle tecniche, sui materiali, ma anche un punto di vista diverso dal quale analizzare la storia, la società e la devozione di un passato i cui segni sono ancora vivi.

                                                         Maria Concetta Di Natale
Professore Ordinario di Museologia e Storia
del Collezionismo per le Arti Figurative –
 Università degli Studi di Palermo