Michele Macaluso, Polizzi e le Madonie nel secondo dopoguerra

15.00

Descrizione

Titolo: Polizzi e le Madonie nel secondo dopoguerra.
Tra emarginazione, ribellione ed emigrazione
Autore: Michele Macaluso
Editore: Edizioni Arianna
Pagine: 96
Prezzo: 15,00
ISBN: 9791280528278
Luogo di pubblicazione: Geraci Siculo
Anno pubblicazione: 2022
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Riportiamo dal libro alcune delle pagine (cfr. 61-63) più significative:

L’Intervento straordinario
della Cassa per il Mezzogiorno d’Italia

Come è stato già accennato, all’indomani della crisi del regime fascista il personale politico dei partiti raccolti nel Comitato di liberazione nazionale (Cln) era in larga parte di formazione prefascista, il che condizionò fortemente, almeno negli anni prossimi al secondo dopoguerra, le tematiche meridionalistiche.

Infatti, come rilevato da Pietro Barucci nel suo lavoro “Il Mezzogiorno alla Costituente”, nel dibattito costituente, sia nelle sottocommissioni, sia nella Commissione dei 75 che nell’assemblea plenaria “… mai il Mezzogiorno venne alla ribalta fino all’inverno del 1948, come area di sottosviluppo, come fenomeno di ritardo economico-sociale, come carenza strutturale dello Stato italiano, come banco di prova della nuova democrazia repubblicana”.

Cionondimeno, anche in quel periodo, non mancarono documenti programmatici e prese di posizione di singoli personaggi politici o di assemblee di movimenti politici e partiti che cominciarono a porre la questione meridionale e siciliana non in termini occasionali e marginali. Al riguardo basti pensare a talune iniziative e a momenti più o meno ufficiali, come al congresso della Democrazia cristiana tenutosi nel dicembre del ’43 a Caltanissetta, oppure il secondo congresso nazionale sempre della DC tenutosi a Napoli nel novembre del 1947, allorquando la questione del Sud fu oggetto di una relazione ufficiale, anche se estremamente cauta per la dimensione finanziaria che l’eventuale intervento pubblico avrebbe richiesto. A margine dello stesso congresso venne istituito sotto la presidenza di don Luigi Sturzo il Comitato permanente per il Mezzogiorno, per promuovere e coordinare la politica del partito nel Sud. Detto Comitato nell’ambito della sua attività non disdegnò alcune forti iniziative in tema di ripartizione dei fondi attribuiti all’Italia dal piano Marshall, anche se occorre aggiungere che già alla metà dell’anno 1949 il Rapporto Hoffmann (Country Study) segnalava e deplorava un uso privilegiato e distorto degli aiuti americani a sostegno dell’economia italiana del Nord.

In tale contesto storico il Partito comunista identificò nella riforma agraria l’intera prospettiva di riscatto della Sicilia e del Mezzogiorno, conscio che la nuova ricostruzione sociale potesse realizzarsi con l’alleanza tra braccianti, contadini, operai, piccola borghesia professionistica e intellettuale. Da ciò scaturì per la prima volta nella storia dell’Italia unita uno spostamento a sinistra di grandi masse di contadini organizzati in quadri di ogni livello raccolti attorno alla formula “la terra a chi lavora”. Grazie, infatti, ad un proselitismo, a una propaganda e a un’organizzazione capillare, anche se rispondente a scelte fortemente centralizzate, i partiti di sinistra raccolti nel cosiddetto “Fronte popolare” impressero una svolta tesa a contendere ai gruppi conservatori tradizionali e alla Democrazia cristiana la leadership del proletariato meridionale, sia rurale che urbano.

Ciò innescò, come vedremo, in Sicilia e non solo, livelli di conflittualità crescenti accompagnati da diversi episodi localistici che lasciavano presagire conflitti sociali cruenti e minacciosi.

Da qui maturò la consapevolezza, soprattutto, all’interno della Democrazia cristiana, saldamente al potere a livello nazionale, di dare vita a un profondo “intervento straordinario” al fine di determinare una chiara inversione che vide il governo De Gasperi inserire nell’agenda parlamentare la riforma agraria e l’intervento straordinario per il Sud. Ma mentre la riforma agraria suscitò echi e dibattiti accesi tra i partiti e nei partiti, di contro la legge del 10 agosto 1950, costituzione del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno e il conseguente avvio operativo della “Cassa” registrò un sostanziale disimpegno e diffidenza dei partiti politici e delle forze sociali. In buona sostanza era prevalente nei più l’idea che “ogni somma aggiuntiva elargita al Mezzogiorno fosse inutile elemosina a gente strutturalmente inadatta a partecipare a più alti livelli di produttività e di maturità, e che perciò fosse uno sperpero di risparmio, un impedimento a quella più rapida accumulazione e a quei larghi investimenti che avrebbero potuto consentire all’industria del Nord la concorrenzialità con le industrie europee”.

Un tale diffuso preconcetto finì con il sottrarre l’intervento a quel confronto politico, a quella vigile partecipazione e alla reale comprensione dell’elemento innovativo contenuto nella straordinarietà dell’intervento. Le conseguenze negli anni successivi non si fecero attendere, infatti l’intervento rimase sotto lo stretto controllo di alcuni tecnocrati onnipotenti, che rimasero ostaggio di istanze settoriali, territoriali e clientelari. Al tempo stesso si assistette ad un progressivo disimpegno della pubblica amministrazione che scaricava sulla Cassa talune funzioni di sua competenza, annullando con ciò il carattere ag- giuntivo dell’intervento straordinario.

Gli anni ’50 si chiudono, pertanto, per il Sud e per la Sicilia, in particolare, con un bilancio complessivo alquanto negativo, infatti a una riforma fondiaria incerta, osteggiata e tardiva nella sua concreta applicazione si andava ad aggiungere una Cassa per il Mezzogiorno che non si sarebbe mai sottratta, anche negli anni successivi, alla ipoteca e alla influenza dei gruppi di potere locali.

A tanta povera gente del Meridione e della Sicilia non restarono altre scelte di vita se non quella di ingrossare “quell’esercito di riserva di disoccupati ” e “quel sottoproletariato urbano” a cui l’industria del Nord già attingeva, e avrebbe attinto, per calmierare i salari ai livelli più bassi e fruire così di larghi margini di profitto.

Il “tutto” a fronte di una spesa sostenuta dallo Stato nel decennio 1950- 1960, attraverso l’intervento straordinario della Cassa per il Mezzogiorno di ben 1.403 miliardi di lire.

Qualsiasi commento appare superfluo e, quindi, riprendiamo il filo della memoria che ci riporta, quasi retrospettivamente, a taluni episodi di vita vissuta di quegli anni.

Informazioni aggiuntive

Dimensioni 24 × 17 × 1 cm