LA SHOAH DI LIBORIO BALDANZA. NEL Giorno della memoria. La SUA marcia della morte.
La Marcia della Morte (dalle pagine 144-152 del libro Se tutti vanno via)
“Sul finire del mese di febbraio 1945 i prigionieri di Hinterbruhl avvertono che tra i tedeschi qualcosa non va più come prima. Le voci che penetrano nel lager sono rare, ma nessuna riferisce di successi militari delle truppe germaniche. In officina, durante i controlli delle lavorazioni, alcuni detenuti sentono le preoccupate e clandestine esternazioni di capireparto “civili” della Heinkel. Sono frasi interrotte e sguardi preoccupati che risollevano gli animi dei prigionieri: avvertono che sta succedendo qualcosa di grosso, che la libertà è vicina.
Continuano a lavorare freneticamente, con turni che si alternano settimanalmente dalle 6 alle 18 e dalle 18 alle 6, ma quegli armamenti che costruiscono, con o senza sabotaggi, non riusciranno a capovolgere gli esiti della guerra. Chiusi per 12 ore nelle officine sotterranee e poi nelle baracche-dormitorio, molti non avvertono la fine dell’inverno; dentro la vecchia miniera le temperature si mantengono costanti, tra 9° e 10°. I compagni che lavorano all’esterno, esposti alle intemperie e agli sbalzi termici, soffrono invece terribilmente.
Nel lager di Hinterbruhl giornalmente si muore per fatica, per sopraggiunte malattie, per complicazioni di quelle esistenti, per fame, per le violenze mirate dei kapò. La zuppa che a pranzo passa l’azienda Heinkel e quel poco che viene distribuito al campo la sera riescono a sostenere mi- nimamente le necessità dei prigionieri rispetto all’enorme dispendio di energie. A Hinterbruhl si muore con dignità ma si muore, e per i poveri corpi finiti nel tritacarne di questo lager valgono le struggenti parole di E. Maruffi «morivano bene i miei compagni, senza maledire, senza umiliarsi. È importante che la gente lo sappia».” Leggi tutto
Liborio Baldanza, nato a Geraci Siculo nel 1899, emigra da bambino a Palermo con la famiglia, diventa operaio dei Cantieri Navali, si trasferisce dopo la prima guerra mondiale a Milano.
Operaio della Breda di Sesto San Giovanni, viene arrestato dalla milizia fascista 1l 14 marzo 1944, consegnato ai tedeschi, deportato ai lavori forzati fino alla morte, non perché ebreo ma perché comunista.
Vai al libro di Giuseppe Vetri.
Vuoi saperne di più? Leggi gli articoli:
Pietre d’inciampo a Palermo e Geraci
Geraci Siculo
Sesto San Giovanni
____
UNA NOTA DI GIUSEPPE VETRI
sull’articolo de la Repubblica
Giuseppe Vetri, autore del libro, a commento dell’articolo di Eugenia Nicolosi pubblicato su la Repubblica edizione di Palermo il 26 gennaio 2022: La Giornata della memoria: quel treno da Palermo che portava alla Shoah , ha inviato alla stessa la seguente precisazione che condividiamo:
“All’attenzione della signora Eugenia Nicolosi per l’articolo del 26 gennaio 2022
Buon giorno, mi chiamo Giuseppe Vetri. Le scrivo in merito all’articolo “Quel treno da Palermo che portava alla morte. Storie di ebrei siciliani finiti nei campi di sterminio…”
Mi limito all’essenziale. Il lettore medio pensa di leggere vicende di deportati ebrei che, per motivi diversi, abitavano a Palermo. Tra questi legge il nome di “Liborio Baldanza”. Baldanza deportato su quel treno diretto in Campania! Il lettore non sa che Baldanza non era ebreo, non viveva a Palermo, era un operaio siciliano, emigrato molti anni prima a Sesto San Giovanni, dirigente comunista di base, attivo e irriducibile oppositore della dittatura per due decenni, arrestato con altri 553 operai delle fabbriche sestesi nel marzo del 1944 e inviato a Mauthausen.
A Palermo, ai Cantieri Navali fu operaio a 16 anni non ancora compiuti, e qui ricevette la prima formazione politica tra i giovani seguaci di Giovanni Orcel, segretario della FIOM assassinato dalla mafia nel 1920.
Anche Salanitro da lei citato non era ebreo ma un “politico” come Baldanza e tanti altri deportati siciliani.
Signora Nicolosi, grazie al vostro giornale il lettore ha avuto una gran mole di informazioni relative alla Shoah siciliana, ma non ha avuto un’informazione fondamentale: la deportazione non fu uguale per tutti.
Ci furono deportati a seguito di casualità, e quelli che subirono le conseguenze delle proprie libere scelte. Gli ebrei lo furono perché casualmente erano nati in famiglie di origine semitica, su cui non avevano facoltà di scelta. E pertanto subirono le leggi criminali del 1938.I deportati politici, che per anni hanno professato e praticato l’opposizione alla dittatura fascista, e Baldanza lo fece per due decenni, erano pienamente consapevoli delle proprie azioni e delle conseguenze. Sapevano che avrebbero subito botte, torture, perdita del posto di lavoro, processi del Tribunale Speciale, anni di galera e di confino, vigilanza continua, ammonizioni e diffide, fuoruscitismo all’estero, e avrebbero rischiato anche la vita.
Ebrei, politici, IMI fecero nei lager la medesima atroce fine, ma gli ultimi due in conseguenza delle loro libere decisioni. Non intendo dire che ci furono deportati di serie A e B, ma ritengo necessario oltre che corretto “storicamente” che il lettore conosca le differenze.
Penso inoltre sia utile sapere che i diritti e le libertà di cui noi tutti oggi usufruiamo siano il prodotto delle “resistenze” di donne e uomini che, silenziosamente, fecero scelte ben precise e pericolose, per anni contro il fascismo e in ultimo contro l’invasore tedesco.
Mi sarei aspettato che l’articolo trattasse anche di questo, specie dopo la lunga intervista da lei avuta con la signora Flavia Baldanza. Ritengo, e non sono il solo, che “i distinguo”, se ben esplicitati e motivati, siano risorse per riflettere e crescere. Esprimo immenso rispetto e dolore ai milioni di ebrei portati al macello, ma parimenti come in altre occasioni, invito a non generalizzare sulla deportazione e sulla Memoria, anche perché il numero dei deportati siciliani non ebrei fu molto molto alto, e dietro ogni nome ci sono storie esemplari, specialmente oggi.
Cordiali saluti, Giuseppe Vetri.
Published by