I COLORI DELLE PAROLE. Quattro i racconti di Francesca Luzzio nella raccolta.
Nel libro illustrato I colori delle parole quattro racconti della professoressa Francesca Luzzio: La rondine e il corvo, Il presepe vivente (vedi sotto), Amici veri, Federica e Tanù.
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“Il presepe vivente
In un paese lontano e piccolo piccolo, che prima quasi nessuno conosceva, da alcuni anni i suoi abitanti hanno preso l’abitudine di fare il Presepe vivente, così è diventato un luogo famoso nel circondario e nel periodo natalizio in tanti vanno a visitarlo.
Anch’io, incuriosita, sono andata e sono rimasta stupita nel vedere come quel paesino da sonnolento e deserto, dove la gente esce raramente a causa del freddo, in quei giorni si trasforma in un ambiente vivo ed entusiasta.
Anche le mura delle case sembrano animarsi e gli usci sorridere, quando si spalancano ed escono uomini e donne, accompagnati dai loro animali per recarsi al “Palazzo” e fingere di svolgere lavori manuali che ormai non esistono più. Così riprendono vita gli antichi mestieri agro-pastorali dei nostri antenati, che sono ancora vivi nella memoria di tutti, ma che ormai sanno fare solo i più anziani, depositari di saperi antichi, di competenze e di comportamenti che sanno spesso di saggezza.
Le strade si riempiono di esseriviventi: asini, muli, oche, galline, pecore, contadini, pastori, falegnami, lavandaie, ricamatrici, tutti diretti alla meta: il “Palazzo del Principe”, il cui cortile e le case che lo circondano si trasformano in uno stupendo scenario in cui trovano posto la Natività e le attività agro-pastorali, creando una suggestione di divina bellezza che sgorga dall’umiltà di un mondo contadino che sta per finire e dal mistero della vita che nasce.
La prima scena che si apre davanti agli occhi è il cortile, trasformato nella piazza del villaggio, circondata da botteghe di ogni tipo; al centro c’è il pozzo e la fontana con le oche, accanto “la pila” della lavandaia che lava e stende i panni.
Per chi nell’infanzia ha vissuto quella dimensione, ritorna indietro nel tempo, rivive momenti, eventi, incontri che, chiusi nel fondo della memoria, emergono improvvisi e pieni di vita vera.
Che malinconia! Ricordo i contadini che al tramonto tornavano in fila, stanchi, dondolanti sugli alti muli, ricoperti dalle ampie “testiere cerate”, unico sollievo alla persistente pioggia; rivedo mio nonno che preparava il grano da seminare, quando il giorno era ancora lontano; sento il gallo che cantava nel pollaio…
Un’amica mi chiama, distoglie la memoria e con lei proseguo a visitare e a vedere: il falegname, il barbiere, le ricamatrici, il calzolaio, le panettiere, i pastori che preparano il formaggio… e poi, ecco l’aia con i muli “chi pisanu u furmentu” .
“A pisa a pisa lò, oh, oh!!” ricordo che gridava mio nonno, scamiciato e grondante sudore, ai muli che con ritmo cadenzato giravano intorno.
Mi sembra che mi sorrida il nonno e mi indichi l’umile, grande grotta, che tutto quel mondo antico sembra abbracciare con sofferenza e amore.” [pagg. 64-65
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