Marietta, Vincenzo Muscarella

24.00

Descrizione

Titolo: Marietta.
Tri Matri
Autore: Vincenzo Muscarella
Prefazione di Francesco Tornatore
Editore: Edizioni Arianna
Pagine: 656
Prezzo: 24,00
ISBN: 979 1280528 322
Luogo di pubblicazione: Geraci Siculo
Anno pubblicazione: 2023

Marietta è il secondo romanzo della trilogia Tri Matri dedicati alle madri delle tre ragazze di Cerda (Giuseppina del Castillo, Rosita Cirrito e Santina Salemi) arse vive nell’incendio della Triangle Shirtwaist Factory, avvenuto a New York il 25 marzo 1911 in cui perirono 136 persone di cui 126 donne.
Romanzo storico dell’emigrazione forzata verso la Merica, mediata dalla criminalità mafiosa, dopo la repressione del Movimento dei Fasci Siciliani.

Dalla Prefazione di Francesco Tornatore:

<< (…) Ambientato a fine ‘800, non brevemente ricordato come in altre opere ma esposto dettagliatamente e benissimo, spunta forse per la prima volta il prototipo delle esecuzioni che tra gli anni ’40 e ’60 del ‘900 segnarono in Sicilia occidentale il massacro di decine di capilega e sindacalisti. Era proprio così che avvenivano gli assassinii, di notte, vicino la porta di casa, colpiti alle spalle. Il primo della serie fu Andrea Raia di Casteldaccia, l’ultimo Carmelo Battaglia di Mistretta.

Il metodo di Muscarella ne ha di quello seguito da Sciascia: spiegare con la cronaca di molti anni fa la verità minacciosa incombente sulla comunità del momento. Per riproporlo si ricorre all’artificio di indietreggiare di decenni i fatti di sangue. Vitu Li Puma è volutamente omonimo di Epifanio Li Puma e l’andamento delle indagini ripercorre scientemente quello verificatosi per Accursio Miraglia e Salvatore Carnevale.

Mafiosi e politica. Con uno Stato periferico e centrale che si avvalse degli uni e della corruzione dell’altra. Sufficiente esempio il servizio pubblico di sicurezza affidato dal prefetto ai camorristi nel 1860, all’ingresso di Garibaldi a Napoli. Episodio che sfata il mito del ‘talento’ originario di cui sempre sarebbero stati dotati (affetti sarebbe da dire, essendo una patologia sociale) i siciliani nel saper organizzare la criminalità mafiosa. Obiezione: quello non era Stato italiano sebbene dei Borboni. Accolta. Peccato che il nostro Stato ha fatto di peggio: affidare l’ordine pubblico, malamente inteso dal catanese Scelba, a mafiosi veraci che con la strage di Portella esibirono magnificamente i loro miserabili servizi: un modello per le stragi future.

Sensazionali i capovolgimenti. Le esattorie sono state un perno del sistema di potere politico-mafioso. Marietta ci offre il rivolgimento dei ruoli, con la figura dell’esattore francescano. Semplicistico dire che è rivoluzionario? Certo non pare vero! L’esattore di Cerda, don Antoninu l’avvocatu, è un uomo giusto: non solo vuole la giustizia ma si mette a costruirla, pazientemente, tenacemente. Ecco non la speranza, sovente cattiva consigliera, bensì la possibilità. Una sola persona intraprendente, onesta, compassionevole e Muscarella ci convince subito che gli intrighi siculi si possono modificare, altro che eterni o più o meno divini. L’effetto che fa quest’uomo è superiore a quello di un programma di partito, di un discorso elettorale. Essere concreti, occuparsi dei piccoli fatti “perché appaia un fatto grande”, avrebbe potuto incoraggiare Leonardo Sciascia. E non è tanto difficile. Si deve sapere e mai scordare che non solo per i bambini, anche per gli adulti e forse di più per questi, ciò che conta è l’esempio.

Dimostrazione eclatante di tale convincimento è massaru Serbu. Classico amministratore di un grande feudo di proprietari aristocratici assenteisti. Questo patriarca attraversa tre fasi, parallele alle tre di sua nipote Marietta: fanciulla, moglie, madre. Si direbbe un parente stretto di Calogero Sedara, inizialmente. Poi ha sembianze da Mastro don Gesualdo. Pare infine un antesignano di Pio La Torre.

Il più gradito ribaltamento riguarda la rassegnazione. Secolare l’attribuzione – sino agli elimi e ai sicani? – di tale sentimento. Tanto ne paiono convinti i commentatori, da in- durre a concludere che la famosa “difficoltà di essere siciliani” altro non sia che l’essere rassegnati. Anche Muscarella registra perniciosi stati d’animo simili. Ma c’è un altro Muscarella da tenere nella dovuta considerazione, che poi è la principale. Il romanzo trabocca d’amore. Imbattibile! Ora, com’è noto e incontestabile, gli innamorati, gli amanti, coloro che si amano sono pregni di fiducia nella vita. Perché mai l’amore rifugio di chi è rassegnato, ultima dimora di sopravvivenza? Perché non vederlo quale arma vittoriosa contro l’acquiescenza? Angela e Adriana sì che sono arrendevoli, hanno accettato il matrimonio di convenienza e sfuggito l’amato.(…) >>

Dalla postfazione di Pietro Attinasi

<< (…) Marietta commuove non solo per la dolorosa vicenda familiare ma anche per il contesto in cui essa si svolge: l’ambiente storico è infatti quello della Sicilia interna del secondo Ottocento, gli anni che vanno dalla conquista di Garibaldi, quando, digerita la delusione tra il popolo, si vede il diffondersi delle Società di Mutuo Soccorso, fino alla nascita, allo sviluppo e alla repressione crispina dei Fasci Siciliani, il più grande movi- mento europeo di emancipazione delle classi popolari dopo la Comune di Parigi. Tempi di entusiasmo, di lotte, di sconfitte, di emigrazione.

Marietta che si era lasciata affascinare dall’aver
“sentito parlare di talune associazioni create da contadini stessi che, invece di rivolgersi agli aguzzini dei proprietari, assicuravano loro sementi, attrezzi agricoli e concimi a buon prezzo o altro ancora insieme agli artigiani in un patto di fratellanza mettendo in comunione beni e risorse per un utilizzo comune nei momenti di maggior bisogno. Le chiamavano Società di Mutuo Soccorso.”

Davvero lirica è a tale proposito la grazia con cui Muscarella racconta del comizio, uno dei tanti che all’epoca si svolgevano nelle piazze siciliane, nel quale il “picciottu ca sta parrannu accussì arteratu esemplificava la natura e lo scopo del Fasciu.”

Picciotto chiamato “Fasciante”, ed è un piacere ascoltare questa parola, che nessuno confonde con “Fascista”, specialmente per chi oggi si sente felice di vivere nella repubblica italiana nata dalla Resistenza contro il fascismo.

Nè si fa fatica a separare mentalmente il Movimento dei Fasci Siciliani da quello dei Fasci di Combattimento, fondato qualche decennio più tardi da Mussolini, nonostante la comunanza del “Fascio”, quel mazzo di verghe di ulivo selvatico, legate insieme nella metafora rappresentata sul palco:

“Poi come a voler rendere il concetto ancora più comprensibile, mentre si rimetteva il cappello in testa, prendeva na virga d’agghiastru che teneva pronta a portata di mano e agitandola ne mostrava prima la flessibilità e la facilità a spezzarsi e poi, invece, dopo averla spezzettata in quattro-cinque parti, che raggruppava, ne faceva notare la maggiore resistenza appena si provava a romperle insieme. Un chiaro messaggio di come l’unione dei più deboli, il legarsi assieme, facesse la forza.” (…) >>

Informazioni aggiuntive

Dimensioni 15 × 21 × 3.8 cm