I grandi pesi medi. Gianni Virgadaula

13.00

Descrizione

Titolo: I GRANDI PESI MEDI – Da Jack “Nonpareil” Dempsey a Marvin Hagler
Autore : Gianni Virgadaula
Editore: Edizioni Arianna
Pagine: 128
ISBN: 978-88-99981-11-2
Prezzo: 13,00
Luogo di pubblicazione: Geraci Siculo
Anno di pubblicazione: 2017

 

PREFAZIONE DI NINO BENVENUTI
Tutte le categorie del pugilato sono importanti, e ciascuna di esse ha espresso autentici fuoriclasse, ma è innegabile che i pugili appartenenti alle categorie più pesanti hanno sempre riscosso un maggiore successo, se non altro in termini di popolarità. Personalmente la boxe mi ha dato tanto, ho vinto tutto, e sono stato anche privilegiato dal fatto che la mia naturale struttura sica mi abbia consentito di combattere fra i pesi medi, la più classica delle categorie; quella che ha prodotto forse i più grandi campioni, e per qualità e per quantità. Il fatto quindi che Gianni Virgadaula, profondo conoscitore di pugilato, abbia voluto scrivere un’antologia sui più forti pesi medi della storia mi ha reso felice, e spero che questo volume, così ricco e prezioso nel raccontare le imprese e gli aneddoti dei big delle 160 libbre, possa essere apprezzato non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dai giovani che spesso non conoscono i campioni del passato.

Personalmente, ho sempre ritenuto Ray Sugar Robinson il migliore pugile “pound for pound” che abbia mai calcato il ring. Non nascondo che mi sarebbe piaciuto incontrarlo. Probabilmente avrei perduto, ma con lui avrei imparato molto anche da una sconfitta. Allo stesso modo, se avessi potuto viaggiare nello spazio e nel tempo e battermi con altri campioni, anche fuori dalla mia categoria, mi sarebbe piaciuto confrontarmi con Joe Louis. Come conosceva bene la boxe lui nessuno. Aveva un magico sinistro, sapeva sempre ciò che doveva fare. Aveva l’istinto del killer, non sprecava mai un colpo, e si muoveva sul quadrato con l’agilità e la naturalezza di un peso medio, se non addirittura di un peso leggero. Robinson e Louis davvero sono stati i migliori, anche se pure loro hanno vissuto l’amarezza della sconfitta, a dimostrazione che il pugile imbattibile in assoluto non esiste. Anche i più forti possono avere una giornata storta. Accadde al miglior Robinson di fronte a Randy Turpin, e al già fortissimo Joe Louis nel primo match con Schmeling. Ma, a mio modo di vedere, solo dopo un match perduto si può misurare la vera grandezza di un campione, e la sua capacità di cogliere da una sconfitta i presupposti per clamorose rivincite.

Un altro fuoriclasse dei pesi medi che ho sempre ammirato è stato Marcel Cerdan. Un record impressionante il suo, e per numero di combattimenti disputati e per le tantissime vittorie ottenute, moltissime delle quali per ko. Come non rimanere ammirati da un campione che nel 1939 riesce a battere in soli 15 giorni prima Saverio Turiello e poi Anacleto Locatelli. E poi va in America e mette ko “l’uomo di acciao” Tony Zale?

Fra i pesi medi italiani, invece, ho nutrito grande stima ed a etto per Tiberio Mitri. Da lui ho imparato molto. Mitri era un pugile elegante ed intelligente, dalla classe cristallina. Se Tiberio sul ring avesse avuto una maggiore spregiudicatezza e nei pugni un pizzico di potenza in più, avrebbe potuto fare ancor meglio di quanto non abbia già fatto, sebbene ebbe la sfortuna di nascere in un’epoca in cui la categoria dei medi era inflazionata da troppi campioni. E non parlo solo di La Motta con il quale Tiberio nel 1950 disputò a New York un combattimento drammatico e coraggioso. In quegli anni circolava sui ring americani gente come Robinson, Cerdan, Graziano, Zale, Fullmer, e con questi sarebbe stato quasi impossibile spuntarla.

Quando invece io arrivai a conquistare il titolo mondiale dei pesi medi, onestamente la categoria non esprimeva più quella mezza dozzina di campionissimi che si erano contesi la corona negli Anni ‘50 con sfide memorabili. Nondimeno Emile Griffith era ritenuto un grande pugile e questo nessuno poteva discuterlo. La mia fortuna, il 17 aprile del 1967 al vecchio Madison Square Garden, fu quella di indovinare la serata giusta, di avere trovato la migliore condizione in quella magica nottata, dove seppi esprimermi al meglio, non solo dal punto di vista tecnico che sapevo essere la mia arma in più nei riguardi del campione, ma anche sul piano temperamentale e del carattere. Ho i brividi a pensare che proprio quest’anno cadono i 50 anni di quella sfida memorabile, che insieme ai due successivi incontri con Griffith hanno contribuito a scrivere una bella pagina di questo meraviglioso sport, dandomi la possibilità di entrare di diritto nel novero dei campioni di questa categoria. Leggere dunque le oltre 20 biografie di Gianni Virgadaula non solo mi ha deliziato per la uidità della narrazione e per la coinvolgente rievocazione di gure leggendarie come Stanley Ketchel, Billy Papke ed Harry Greb, ma mi ha anche coinvolto af- fettivamente perché questo bel racconto di straordinari campioni, così appassionante ed intrigante, è anche parte della mia storia.

Nino Benvenuti